Sant’Elia a pranzo [di Franco Masala]

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Trecento cubi (alti cm 3) di pasta frolla. Otto parallelepipedi (alti cm 10) di spinaci al burro compressi. Dieci cilindri (alti cm 30) di torrone di Cremona. Sei sfere (diametro cm 15) di risotto alla milanese. Cinque piramidi (alti cm 40) di minestrone freddo. Venti tubi (alti metri 1) di pasta di datteri. Cinque blocchi ovoidali (alti cm 20) di pasta di banane. Sette schermi (alti cm 60) di merluzzo al latte.

Niente paura ! Difficilmente chi visita l’Expo 2015 di Milano potrà gustare questi cibi che in realtà sono l’improbabile menu del Pranzo architettonico Sant’Elia, pubblicato nel libello “La cucina futurista” di Filippo Tommaso Marinetti e di Fillia (1932). Le note provocazioni del Futurismo, arrivato ormai alla frutta (è proprio il caso di dirlo), ricorrevano al cibo per stupire e far indignare ancora una volta i benpensanti con spirito eminentemente goliardico.

A parte la sfilata di piatti “spigolosi” sopra ricordati, superata l’abolizione della pastasciutta “assurda religione gastronomica italiana”, in realtà il Manifesto della cucina futurista (1930) conteneva alcuni suggerimenti premonitori come una dotazione di strumenti scientifici in cucina (che poi sarebbero i piccoli elettrodomestici delle cuoche d’oggi), l’uso di alimentare il corpo umano mediante equivalenti nutritivi in polvere o pillole (pensiamo ai pasti degli astronauti), un’armonia originale della tavola (cristalleria vasellame addobbo) coi sapori e colori delle vivande (“nouvelle cuisine” di un tempo ?). Il tutto finalizzato a impedire che “l’Italiano diventi cubico massiccio” e a preparare “una agilità di corpi italiani adatti ai leggerissimi treni di alluminio che sostituiranno gli attuali pesanti di ferro legno acciaio”.

È fin troppo evidente che la cucina futurista strizzi l’occhio al Fascismo tanto più che si propongono esilaranti neologismi sostitutivi di parole straniere in concomitanza con l’autarchia linguistica. Bastino “traidue” sostitutivo di sandwich e “peralzarsi” di dessert per capire che ancora una volta si è davanti agli sberleffi tipici di Marinetti & C.

Con buona pace dell’architetto Antonio Sant’Elia, dedicatario del pranzo, colpito mortalmente il 10 ottobre 1916 durante la Grande Guerra. Aveva 28 anni.

*Antonio Sant’Elia, Stazione d’aeroplani e treni, La Città Nuova, 1914.

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