Polli e gufi nella voliera di Renzi [di Raffaele Deidda]

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Stanno per essere messi in condizioni di non nuocere i polli di Renzo: i litigiosi dissidenti Pd, la cosiddetta Sinistra Dem (allora l’area di Franceschini è di destra?) che, aldilà delle dichiarazioni ad uso dei media, voteranno compatti, o quasi, l’intera architettura istituzionale proposta dal premier. L’ha fatto capire Speranza alla Festa Nazionale dell’Unità: “Nessuno tifa contro o lavora contro questa riforma, i temi sono condivisi”.

Precisa: “E’ vero che l’unità la deve costruire il segretario, ma dobbiamo sforzarci un po’ di più tutti quanti“. Restano a dar fastidio – poco – i fuoriusciti come Civati, le vecchie volpi come D’Alema, i gufi storici, i critici del renzismo, i professoroni come Zagrebelsky, Rodotà, il sociologo Ricolfi, gli economisti Giavazzi e Alesina. Stefano Fassina, ex responsabile economico del Pd che, dopo il “Fassina chi?” è gratificato con l’etichetta gufo brontolone.

E’ strano che Renzi li definisca gufo, uccello con udito fine e visione a 270°. Caccia topi, talpe ed insetti. E’ riconosciuto come animale saggio ed erudito che trasmette cultura agli animali con cui entra in contatto. Ma tant’è. Non si pretendono dal premier competenze ornitologiche ma storiche sì, specie se riferite alla Costituzione, per evitare strafalcioni: “A chi dice state facendo troppo veloci rispondo: non per cattiveria, ma questa riforma è attesa da 70 anni“. La Costituzione è in vigore dal primo gennaio del 1948. Sarebbe difficile pensare il periodo di attesa per la sua riforma superiore a quello dall’approvazione.

Nella definizione di gufo – quella ornitologica e non renziana – può essere riconosciuto Francesco Pigliaru: economista liberal, il Giavazzi sardo autodefinitosi “renziano della prima ora”. Dichiarava volontà di ascolto dei problemi e delle aspettative dell’isola.

Apprezzato per la sua pacatezza, la sua elezione a presidente della Sardegna fu accolta con entusiasmo da Matteo Renzi avendola voluta e pilotata, risolvendo al Pd sardo il problema Barracciu. Piacquero ai sardi le sue dichiarazioni programmatiche: “Ci vorranno ancora sacrifici per far ripartire la Sardegna. Ma il primo a doverli fare questo è il ceto politico, del quale anche io oggi faccio parte. Dobbiamo dimostrare che la politica non arricchisce nessuno, se non di valori”. Piacerebbe agli stessi sapere che sacrifici abbia fatto finora il ceto politico sardo; quelli dei cittadini sono invece noti.

I sardi dissero “finalmente!” quando annunciò una giunta di “personalità scelte secondo rigorosi criteri di competenza”. Da qui la nomina di docenti universitari, sconosciuti fuori dagli ambienti accademici ma che, essendo “professoroni”, dovevano essere ultra competenti. Ha declinato anche il concetto di competenza con l’esperienza (politica) con assessorati tecnici affidati a professori di filologia e a quisque de populo. Mai però gufi! Renzi non l’avrebbe apprezzato. Prioritaria la riforma della legge elettorale, da fare subito, appena insediato. Impegno totalmente disatteso. Avrebbe dovuto prendere esempio da Renzi, non per il contenuto della riforma ma per la determinazione a realizzarla.

Con un mix di accademia e di espressioni della politica, più vecchia che nuova, perché dopo 18 mesi Pigliaru segna il passo nella riforma di statuto, sanità, urbanistica, energia, servitù militari, vertenza entrate?

Pigliaru non ha trovato degne di commento le non-risposte (non posso direnon posso garantire….non posso giuraresaprete poi..) alla Festa dell’Unità di Luca Lotti, fedele sottosegretario alla presidenza del consiglio, sui temi del patto per la Sardegna e del deposito delle scorie nucleari? Concorda col segretario regionale del Pd che sulle scorie nucleari ritiene sia “comprensibile che il Sottosegretario Lotti non possa sbilanciarsi su questo tema” e si ritiene soddisfatto considerando “apprezzabile che abbia detto cose che noi stessi diciamo e che abbia sposato l’impostazione del nostro ragionamento“?

Prevale per Pigliaru il timore di non apparire agli occhi del premier gufo brontolone. Forse attende che Renzi mantenga l’impegno: “A settembre apriremo un tavolo permanente sul futuro del Mezzogiorno e, in quegli stessi giorni, alla Sardegna daremo le risposte che si aspetta”. Settembre è passato con la deludente Festa dell’Unità regionale e le non-risposte di Luca Lotti. Quelle che la Sardegna non si sarebbe aspettata.

2 Comments

  1. Antonello Farris

    In un vecchio film Totò divideva gli italiano (e estensivamente “l’umanità) in due parti: uomini e caporali. Oggi Renzi divide gli italiani tra gufi (e questo lo ripete ad ogni occasione) e polli (e questo non lo dice ma lo pensa).
    Perciò le persone a cui Renzi non dà del gufo nel suo intimo sono visti come polli. Tra sentirmi classificare pollo o gufo preferisco quest’ultimo (animale molto più nobile!). Pigliaru ci rifletta…

  2. Una riflessione correlata.
    Rompere gli schemi e azzardare perché la Sardegna abbia futuro
    “Se non rompiamo gli schemi, non andremo mai avanti. Perché Dio ci spinge a questo, a essere creativi verso il futuro”.
    Questa bella frase, che papa Francesco ha detto in una recente visita in Molise, se vogliamo leggerla in una versione laica, indica la strada che oggi dobbiamo percorrere in tutti i contesti. Limitiamoci alla Sardegna per dire che l’attuale situazione di crisi drammatica non può essere superata con i consueti strumenti, sia pure utilizzati nel modo più efficiente e razionale possibile. Ad essere benevolenti è quanto sembra stia facendo l’attuale governo regionale. Non basta, anzi potrebbe essere tutto inutile. Sì, perché si tratta di rispondere a problemi che hanno una enorme e straordinaria rilevanza. Mi riferisco innanzitutto alla crisi demografica, cioè al fatto che i nuovi nati a cui aggiungere i nuovi arrivi non riescono complessivamente a superare i morti sommati a coloro che emigrano. Le conseguenze cominciano a mostrarsi, per esempio con l’abbandono dell’agricoltura (non compensato dal significativo interesse di molti giovani al settore) e la prevedibile chiusura di alcuni comuni sardi per mancanza di abitanti. Una situazione che può essere contrastata solo attuando una innovativa politica centrata sul diritto al lavoro per tutti i sardi e sulle attività di accoglienza, che sappiano integrare nuovi migranti, in massima parte giovani, con le popolazioni, dando ad essi abitazioni e lavoro, nel settore agricolo e non solo. Peraltro è quanto sostenuto da tempo anche da valenti studiosi. Mi rendo conto che non sono cose di poco conto, ma appunto perché difficili e complesse vanno affrontate con tempestività e con capacità politica e organizzativa. Si tratta di costruire piani di grandi dimensioni e complessità (che ricuperino e valorizzino tutte le positive esperienze esistenti) che devono coinvolgere molti soggetti pubblici e privati. Parlando delle istituzioni questa è senza dubbio la maggiore criticità: farle lavorare insieme e in modo coordinato, su progetti condivisi. Le risorse esistono, anche se vanno organizzate in relazione a programmi ben strutturati. Sono prevalentemente rappresentate da finanziamenti europei, a cui si aggiungono quelli statali e regionali, e, auspicabilmente, privati. E la giunta regionale? Aurea mediocritas: una fin troppo benevola definizione che ben le si attaglia. Ma oggi noi sardi e la Sardegna abbiamo bisogno di molto di più! Ce la può fare questo governo regionale a perseguire obbiettivi più ambizioni? Credo proprio di no. Ecco perché è necessario e urgente ricercare credibili alternative.

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