Due tisiche e un pancione [di Franco Masala]

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Con l’aggiunta di una mamma snaturata che getta il suo bambino nel fuoco; di una fata maliarda e malefica che rovina un povero campanaro; di una “follia organizzata”. Sono gli ingredienti della stagione d’opera 2016 della Fondazione Teatro Lirico di Cagliari che corrispondono nell’ordine (ma non di rappresentazione) a La bohème di Puccini, La Traviata, Falstaff e Il Trovatore di Verdi, La campana sommersa di Respighi e La pietra del paragone di Rossini. Se si aggiunge una serata del Tokyo Ballet con alcune coreografie del Novecento (Béjart in testa finalmente), si può intuire più di un motivo d’interesse per la auspicata rinascita del massimo teatro sardo.

La stagione – che si svilupperà dal 1° aprile al 30 dicembre – si apre con La campana sommersa, opera di Respighi (1927) poco frequentata ma, contrariamente a quanto affermato nella cartella stampa del Teatro, rappresentata più volte in forma scenica in Italia (Roma Milano Genova Bologna Trieste Napoli) anche nel dopoguerra.

Ottorino Respighi, scomparso esattamente ottanta anni fa e notissimo per i suoi poemi sinfonici sui pini e sulle fontane di Roma, è assai meno considerato come operista e questa potrà essere un’occasione di studio e di ascolto più approfonditi. Con una inaugurazione fuori norma Cagliari si candida nuovamente al riesame di opere desuete secondo un progetto già avviato per gli anni prossimi riguardo alla produzione operistica italiana della prima metà di Novecento, tanto generosa di risultati quanto scarsamente nota.

Pagato il tributo al botteghino con ben 15 rappresentazioni estive de La Traviata, rimangono gli altri titoli, tutti italiani e tutti popolari ad eccezione della farsa di un promettente Rossini ventenne che assicura comunque divertimento e interesse grazie all’allestimento dello Châtelet di Parigi curato da Giorgio Barberio Corsetti. È quella Pietra del paragone dove si canta “Ombretta sdegnosa del Missipipì” immortalata dal romanzo, oggi dimenticato, di Antonio Fogazzaro Piccolo mondo antico.

Ci saranno poi i consueti incontri con il pubblico e le recite per le scuole in un segno di continuità rispetto agli anni passati. Rimane però il rammarico di constatare che nel corso di un quindicennio scarso (2003-2015) i contributi di Regione, Stato, Comune e soci privati della Fondazione Teatro Lirico siano variati mediamente di circa un 29,28% in meno.

I tempi saranno anche difficili ma è lecito augurarsi che la cultura, intesa come promozione della persona oltre che in chiave economica e di traino sociale, trovi una considerazione maggiore del precipizio nel quale sembra sprofondare. Speriamo.

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