Lettera aperta al Premio Nobel Rubbia. Ci perdoni, Professore, e il suolo? [di Sergio Vacca]

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Caro Professor Rubbia, non vorremo tediarla, come non  vorremo tediare i lettori di questa rivista , che periodicamente ospita puntuali riflessioni sulla Sardegna, riportando all’attenzione l’argomento “Suolo”, peraltro da lei richiamato nell’intervista “Ostacoli senza senso al termodinamico”, rilasciata alla Nuova Sardegna giovedì 11 gennaio.

Ho richiamato il problema degli impatti degli impianti di solare termodinamico il 5 gennaio,  con la nota http://www.sardegnasoprattutto.com/archives/16334, e l’argomento è stato ripreso il 10, dalla Consulta “Ambiente, Territorio ed Energia”,  http://www.sardegnasoprattutto.com/archives/16365 , nel cercare di fare il punto della situazione sulle iniziative di localizzazione di tali  impianti, a seguito della bocciatura da parte del Governo del progetto “Gonnosfanadiga”.

Caro Professore, ci permetta anzitutto di professarci suoi estimatori per il suo livello scientifico e per aver illustrato il nostro Paese; condividiamo con lei la necessità della progressione del livello scientifico-tecnologico riguardo agli impianti di produzione energetica con l’obiettivo di affrancarci in tempi ragionevoli dalle fonti energetiche non rinnovabili.

Ci perdoni,  Professore, ciò che non abbiamo apprezzato della sua intervista è la sufficienza, quasi il fastidio, nel dover rispondere a domande riguardanti gli impatti sul territorio di impianti basati sull’energia solare, quale che sia la taglia. I problemi non sono locali! O meglio, sono locali nella misura in cui può risultare comodo mantenerli a quel livello; aumentano di scala in relazione ad interessi di investitori, sempre più spesso stranieri, che praticano il Land grabbing in ogni dove.

Questa è l’esperienza che la nostra Isola ha dovuto affrontare con le iniziative che la  Società EnergogreenRenewables “Gonnosfanadiga”  e la gemella “Fluminimannu” hanno portato avanti negli ultimi cinque anni. Si trattava inizialmente di impianti di taglia decisamente inferiore, ripresentati, per sottrarli al giudizio sull’impatto di livello regionale,  come impianti di taglia superiore, nella convenienza presunta di farli giudicare positivamente dal livello nazionale. Il Governo, come è giusto che fosse, ha bocciato l’impianto “Gonnosfanadiga”; speriamo che faccia altrettanto con l’impianto “Fluminimannu”.

Vede, Professore, l’isola, particolarmente per quanto riguarda le sue potenzialità naturali, non è particolarmente dotata in fatto di suoli di potenzialità media e alta. Lo affermo da geografo di suoli che, sotto la guida dei proff.  Angelo Aru e Paolo Baldaccini, collaborò, negli anni ’70 e ’80 del secolo trascorso, al rilevamento dei suoli delle aree potenzialmente irrigabili dell’isola. Quattrocento ventimila ettari, che rappresentano meno del 20% della superficie territoriale della Sardegna: la  massima potenzialità esprimibile.

Terre che per giacitura, vicinanza a centri abitati o localizzazione geografica subiscono un’erosione costante in termini di consumo a causa dell’espansione urbana, industriale, commerciale, con fenomeni di abbandono per più lucrosi cambi di destinazione d’uso.

Siamo per questo, Illustre Professore, tra i più gelosi custodi del nostro patrimonio pedologico, della pedodiversità, che in Sardegna rappresenta la collezione di suoli più importante del Mediterraneo. Mi permetta in chiusura di citare Luigi Einaudi che nel 1951 scrisse:“La lotta contro la distruzione del suolo italiano sarà lunga e dura, forse secolare. Ma è il massimo compito d’oggi, se si vuole salvare il suolo in cui vivono gli italiani”.

Di questo si parlerà a Bologna nel corso della presentazione del Decalogo del Suolo:  http://www.pedologiasipe.it/decalogo-del-suolo-25-gennaio-2018-bologna/

*Già professore di Scienza del Suolo all’Università degli Studi di Sassari

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