Come la Pandemia sta cambiando la scuola [di Gianni Marilotti]

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Vista la confermata decisione con DPCM di intensificare, procrastinandole, le misure di «distanziamento sociale» adottate per il contenimento dell’epidemia, assistiamo a uno sviluppo di scenari e proiezioni di breve-medio termine sulla base dei quali è verosimile valutare che una reale, compiuta uscita dallo stato di emergenza sarà possibile solo quando diverranno disponibili un vaccino e cure farmacologiche adeguate a combattere il virus.

Ciò lascia intendere che, fino ad allora (dunque è prevedibile non prima del nuovo anno), difficilmente potranno riprendere e avere luogo – almeno in modo tradizionale – tutte quelle attività di carattere «sociale» che presuppongono o necessitano un contatto ravvicinato, come spettacoli, teatri, proiezioni cinematografiche, concerti, manifestazioni sportive, culturali, presentazioni, convegni, incontri, e via enumerando…, comprese con ogni probabilità anche le attività di esercenti all’interno dei centri commerciali, nonché bar e ristoranti su cui graveranno severe restrizioni che ne pregiudicheranno significativamente offerta e capacità di accoglienza, ecc..

Per la scuola pertanto, sulla base dello stato presente delle cose, sembra difficile immaginare realisticamente che possano tornare in classe prima del 18 maggio p.v. (la dead-line tracciata dal DL 22/2020) nonché affrontare le prove, spostandosi contemporaneamente dalle loro case alle rispettive istituzioni scolastiche, i circa 460 mila studenti che devono sostenere l’esame di Stato, nonché i 500 mila studenti di tredici-quattordici anni che (accompagnati dai genitori) dovrebbero anch’essi affrontare, per gli esami di Stato del primo ciclo, tre prove scritte più una orale.

Si tratta, pertanto, di “salvare”, per quanto possibile, gli esami di terza media e, in particolare, gli esami di «maturità», consci tuttavia che – attraverso questo esame «light», com’è stato definito in termini giornalistici – resta ben poco di quello che è l’esame di Stato vero e proprio considerando, altresì, che è difficile ipotizzare, garantendolo per tutti gli studenti, un esame on-line (che presupporrebbe per ciascuno non solo la disponibilità di un personal computer o di un tablet, ma anche, e in via non rinunciabile, di una connessione adeguata).

Le misure specifiche adottate fin qui dalla Ministra Lucia Azzolina hanno riguardato l’autorizzazione della spesa di 43,5 milioni di euro nel 2020 per consentire alle istituzioni scolastiche ed educative pubbliche del sistema nazionale di istruzione di dotarsi di materiali per la pulizia straordinaria dei locali nonché di dispositivi di protezione e igiene personali (art. 77 del D.L. 18/2020), oltre che misure per la didattica a distanza.

Con il DL 22/2020, in discussione alle Camere, la Azzolina dispone provvedimenti che vanno quasi tutti nella direzione di deroghe e proroghe: deroghe alle disposizioni sugli esami di Stato, agli scrutini finali nonché alle prove INVALSI, e proroghe per quanto riguarda le graduatorie d’Istituto e GAE e adozione dei libri di testo; gli unici interventi aggiuntivi sonole risorse destinate all’innovazione digitale e alla didattica laboratoriale finalizzate all’acquisto di piattaforme e strumenti digitali da parte delle scuole statali (10 milioni di euro); alla messa a disposizione di dispositivi digitali individuali in comodato d’uso per gli studenti meno abbienti (70 milioni di euro); alla formazione del personale (5 milioni di euro), cui si aggiungono i 2 milioni di euro per le scuole paritarie. Nel complesso risorse assai limitate se viste in una prospettiva di non breve durata.

Problemi non dissimili presenta l’avvio del prossimo anno scolastico: le istituzioni scolastiche, infatti, in massima parte, non sono in grado di garantire aule/spazi adeguati per un efficace distanziamento tra studenti, la qual cosa con ogni probabilità comporterà il determinarsi di una situazione ibrida che prevede – sempre sulla base degli accertamenti e delle valutazioni degli esperti sul contagio e sullo stato della diffusione della pandemia alla ripresa del nuovo anno scolastico – metà degli alunni in classe e l’altra metà su piattaforma in streaming.

E tuttavia è bizzarro, per non dire deprimente o grottesco, pensare che una soluzione pragmatica al problema delle cd «classi-pollaio» ci venga offerta dal coronavirus…Qui sono in gioco problemi sia legati alla povertà economica che a quella educativa, con un combinato disposto che coniuga la penuria di mezzi con la mancanza di istruzione e dunque con il non poter accedere a una adeguata formazione.

Secondo l’Istat nel 2008, anno d’inizio della crisi economica mondiale, i bambini e gli adolescenti che versavano in stato di indigenza erano 375.000; trascorsi dieci anni nel 2018, sempre secondo i dati Istat, la quantità di bambini e adolescenti in povertà assoluta appare triplicata: è pari al 12% dei minori italiani (parliamo di ben 1.262.000 ragazzi).

Con la prospettiva delle lezioni a distanza c’è il rischio che questa cifra salga. Secondo un report di «Save the Children» delle 61.000 famiglie italiane con figli compresi tra 14 e 19 anni, il 27% non ha accesso a Internet; un bambino su otto, tra gli 11 e i 14 anni, non ha mai navigato in Rete negli ultimi tre mesi; alle scuole medie per ogni ventiquattro alunni la didattica a distanza rischia di perderne tre (cosicché si aggrava la situazione di chi prima era a rischio, che si troverà tagliato fuori); solo nel Lazio (secondo dati dell’Associazione nazionale presidi, avvalorati da un sondaggio della Rete degli studenti Medi) il 15% della popolazione studentesca della Regione (pari a poco meno di 110.000 studenti) non dispone di un pc per seguire le lezioni on-line.

Ma bisogna tener presente che studenti e ragazzi del Sud pagheranno uno scotto maggiore rispetto ai loro coetanei settentrionali, nonché che ad avere difficoltà – tanto in questo momento quanto in un futuro prossimo – non saranno solo le famiglie che hanno scarse disponibilità economica, ma anche quelle con più figli o con entrambi i genitori confinati a casa in smart-working (dal momento che, anche laddove vi siano più mezzi, non è detto che vi sia disponibilità di un pc per ciascuno).

Insistere sulle opportunità offerte dall’emergenza coronavirus per accelerare percorsi verso una scuola e un’educazione digitale, senza tener conto di questa dura realtà, appare una fuga in avanti gravida di conseguenze negative, soprattutto per la Sardegna e per le sue zone interne. La scuola di qualità deve essere per tutti, non solo per la parte più attrezzata del Paese.

I concorsi ordinari e speciali per docenti, meritoriamente banditi dal Ministero per un numero complessivo di 48 mila posti vacanti non si potranno espletare nei tempi stabiliti per il perdurare dell’emergenza. Purtroppo questo è un dato oggettivo che non può essere ignorato. D’altro canto occorre pensare all’apertura del nuovo anno scolastico, sia se le scuole potranno riaprire o se dovrà perdurare la fase delle lezioni a distanza, o qualche altra forma intermedia.

Le misure che si intendono adottare a questo riguardo, ora al vaglio del Parlamento, sono le seguenti: con l’articolo 9, comma 4, si stabilisce che le procedure di istituzione delle graduatorie provinciali per le supplenze e di costituzione delle graduatorie di istituto siano rinviate all’anno scolastico 2020-2021 con decorrenza dall’anno scolastico 2021-2022, prorogando nel contempo la validità delle graduatorie di istituto vigenti.

Qui c’è una duplice criticità: in primo luogo l’impossibilità di aggiornare per tempo le graduatorie provinciali; in secondo luogo poiché se le graduatorie di istituto vengono aggiornate senza che parallelamente siano modificate le graduatorie GAE (che generano la prima fascia delle graduatorie di istituto), si genera un contenzioso da parte di aspiranti che, non potendo ottenere il miglioramento di posizione per il mancato aggiornamento delle graduatorie provinciali, si trovano penalizzati dai contratti di supplenza derivanti da graduatorie di istituto come riconosciuto da due sentenze del TAR Lazio.

Per questo si dispone il riallineamento delle procedure, attraverso l’anticipazione all’anno scolastico 2020-2021, con decorrenza dall’anno scolastico 2021-2022, dell’aggiornamento delle graduatorie a esaurimento.

Il Ministro dell’Istruzione ha dichiarato di voler trovare una soluzione alla difficoltà amministrativa e burocratica di istituire le graduatorie provinciali già a partire dall’anno scolastico 2020-2021. Ciò presupporrebbe, da un punto di vista normativo, una sorta di «mossa del cavallo»: infatti, se il Parlamento modificasse lo strumento di istituzione del regolamento sulle supplenze, introducendo la possibilità di utilizzare il “decreto ministeriale, l’iter si snellirebbe notevolmente (aggirando le lentezze burocratiche causate dall’emanazione dei pareri necessari), permettendone l’istituzione e addivenendo così a una rapida soluzione del problema.

In tal modo l’anticipazione avrebbe come effetto il «parallelismo» tra graduatorie a esaurimento e graduatorie d’istituto, rispondendo ad una precisa esigenza di coerenza dell’ordinamento.

*Senatore della Repubblica

 

One Comment

  1. umberto cocco

    Ma un senatore della repubblica com’è Marilotti, e perdipiù di maggioranza, non è una persona che passa e che osserva come vanno le cose. Cosa vuol dire che anche per la scuola una «compiuta uscita dallo stato di emergenza sarà possibile solo quando diverranno disponibili un vaccino e cure farmacologiche adeguate a combattere il virus»?
    Solo per la «confermata decisione del DPCM”, come scrive, con linguaggio da funzionario ministeriale, il senatore?
    E i tedeschi allora? O i francesi, che riaprono le scuole a maggio, i danesi che hanno riaperto oggi? O hanno a che fare con un virus diverso?

    Vanno così male le cose nella scuola in Italia in queste settimane, e non nel senso generale con cui vengono descritte da Marilotti, che basta fare un salto nei siti dei competenti (ultimo e di impressionante chiarezza un articolo di Maurizio Mazzoneschi sul blog minimetmoralia.it) per capire l’ enormità dei problemi, a cominciare dalla delega che di fatto una scuola e un ministero impreparati non solo alle emergenze stanno dando ai grandi colossi del web, conferendo loro su piatti d’argento la gestione della didattica per adesso e probabilmente per il futuro più di quanto già non ne abbiano fuori dall’aula, controllando e orientando i comportamenti e i gusti dei ragazzi ormai posseduti in massa dal telefonino (con il quale – si capisce finalmente – non si abbatte il digital divide, quello vero, che anzi si accresce, insieme alla subalternità consumistica).
    Marilotti si dovrebbe far raccontare, se ancora non l’ha fatto, che non l’esame di maturità o della terza media è il problema, ma lo spreco del tempo dall’inizio dell’emergenza e ora anche alla ripresa dopo le vacanze di Pasqua, a cui l’ improvvisata didattica a distanza sta costringendo i ragazzi e i docenti, con un paio d’ore al giorno di lezione in collegamento video quando va bene, a Nuoro in qualche scuola un paio d’ore alla settimana, con qualche supplemento di messaggi whatsapp e invii di materiali video che viene lasciato alla volontà dei ragazzi di guardare o no. Ci sono ancora due mesi di scuola, suppergiù, se non si può nemmeno parlare di prolungare l’anno scolastico a giugno e luglio come suggerisce – inascoltato – il presidente della Fondazione Agnelli, e invece si ragiona come se tutto fosse ormai perduto, un anno bruciato, e prepariamoci – se va bene – a settembre.
    Non avrei dubbi che alla fine della crisi anziché uscire migliori e un po’ più socialisti e solidali come racconta una certa retorica, saranno acuite le differenze sociali e culturali, a vantaggio dei ragazzi delle famiglie benestanti e urbane, di città, dei centri, e nuove discriminazioni avranno pesato su quelli delle periferie, delle aree rurali, dei quartieri popolari.
    Questo esito il senatore sembra vederlo, temerlo. Ma non è una cosetta da pannicelli caldi, di qualche decina di milioni gettati per far comprare ”dispositivi digitali” da dare in comodato d’uso agli studenti, settanta milioni per tutta l’Italia, ci sarebbe da ridere.

    C’è nella scuola e anche in quella sarda probabilmente un bel pezzo del meglio della nostra società, dai docenti ai ragazzi, ma lasciati soli, vedono come le questioni che li riguarda vengono dopo l’apertura delle spiagge,
    l’implorazione ai milanesi a venire (c’è un articolo sul Sole 24 Ore di oggi) in questa bella terra dove solo un mese fa anche signore borghesi li indicavano a dito e gli urlavano di andarsene, untori.

    Da un senatore riformista e forse rivoluzionario, che ha lasciato la sinistra per approdare ai Cinque Stelle credo per la maggior carica trasformatrice di questi,
    mi aspetterei assai di più e anche nel linguaggio più chiarezza e meno burocratese, nonostante ci sia da difendere un ministro della stessa parte politica, un presidente del consiglio e i suoi DPCM innalzati a Torah, strane norme sulle supplenze che mi pare mettano in crisi molti suoi colleghi e qualche vecchia promessa, a sentire alcuni interessati (che hanno dovuto leggere tre volte il passaggio dell’articolo sull’argomento).

    Per esempio, ha presente, senatore Marilotti, che distanziamento sociale c’è già quando le scuole sono aperte, tra i ragazzi che le frequentano nei nostri paesi? Quanti ragazzi occupano ali intere di edifici scolastici, a cui si stanno aggiungendo le faraoniche architetture di Iscola su cui la vecchia giunta regionale ha investito senza nemmeno tener conto del probabile venir meno dei ragazzi medesimi, della scuola stessa? Arrivano milioni di euro in paesi dove forse non ci saranno più bambini e dove intanto si pensa di lasciar correre anche il tempo prolungato, surrogato minimo del tempo pieno che le città invece conservano, e forse Cagliari, e il nord sì e il sud d’Italia no, figurarsi la Sardegna da dove le scrivo.

    Mi piacerebbe che i parlamentari sardi della maggioranza e magari l’opposizione in consiglio regionale facessero una battaglia perché da noi la scuola ricominci un po’ prima di Milano, e la scuola prima o almeno insieme alla stagione turistica, senza aspettare settembre. E che ora deste voce al malessere degli insegnanti, dei presidi, dei ragazzi, dei loro genitori, ponendo i problemi drammatici dell’oggi e proiettandoli sul futuro, senza temere di descrivere un mondo che non va bene improvvisamente solo perché è andata una grillina al ministero della pubblica istruzione.

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