Percorsi nuovi verso un obiettivo comune: la difesa del paesaggio [di Giuseppe Biggio]

“Per misurare l’altezza di un’idea ci vuole una base”. È frase che rimane scolpita nella memoria, ma di cui non si ricorda l’origine. È ciò che il Comitato Scientifico Insularità in Costituzione cerca di costruire da tempo per sviluppare una coscienza popolare sui temi che la condizione insulare pone ai residenti. La cognizione di società e di ciò che le accade, sono gli elementi fondanti di una comunità consapevole, portatrice di idee nuove e di progresso civico.

Quando, nel lontano 2006 la Regione Autonoma della Sardegna approvò il PPR fece ciò che la politica è chiamata a fare. Fungere da guida per tracciare un percorso verso un obiettivo comune. La guida della cosa pubblica comporta questo nobile e arduo compito: indirizzare la società verso nuove strade che conducano agli obiettivi prefissati. Segnare un percorso possibile attraverso difficoltà e novità, senza preoccuparsi di inseguire il consenso, che talvolta si riduce, ma mantenere la rotta nella coerenza delle idee condivise.

Con l’approvazione del PPR, tante le novità introdotte. A volte anche in maniera traumatica. Basti pensare allo stato di emergenza in cui si trovavano le coste sarde, oramai destinate ad un futuro di città lineare ed ininterrotta lungo tutto il perimetro delle sue coste. Le prescrizioni imposte furono spesso contestate dagli amministratori locali, consapevoli delle istanze e delle pressioni dei costruttori, ma ignari dei reali benefici che la nuova visione di sviluppo territoriale avrebbe portato. In altre parole, il PPR trovò una larga parte di amministratori comunali ostili al nuovo modello proposto e questa ostilità alcune volte si è tradotta in cause giudiziarie, altre volte in aperti contrasti politici.

Oggi, a distanza di poco meno di vent’anni da quei fatti, il PPR è sempre lì, a testimoniare la sua solidità tecnico-giuridica e l’opinione pubblica si è da tempo convinta della sua validità. Ha capito che lo sviluppo territoriale e socioeconomico non passa solo attraverso la cementificazione selvaggia, ma che la sostenibilità è l’unica vera via. Potremmo dire che oggi la base è in grado di misurare l’altezza di quelle idee.

La politica è stata la guida di un’idea nuova ed è stata capace di trainare con se l’intera collettività sarda. Oggi possiamo vedere concretamente quanto si sia sviluppato il senso del paesaggio in Sardegna tra le persone di tutte le classi sociali. La percezione identitaria, che è sempre stata una costante fortemente presente nei sardi, per un lungo periodo si era assopita ed ora è più presente che mai.

Oggi la Sardegna si trova davanti ad una nuova sfida territoriale: l’invasione massiva di parchi eolici e di campi fotovoltaici di dimensioni sproporzionate. Un’invasione proveniente da tutte le parti del mondo, da multinazionali americane, asiatiche, australiane, ecc. Un’invasione di impianti finalizzati a sfruttare le nostre risorse naturali per capitalizzare cifre da capogiro e senza lasciare nulla sul territorio.

Senza un piccolo miglioramento sociale, senza produrre posti di lavoro almeno paragonabili al settore agricolo ed inoltre senza alcun impegno a smantellare gli impianti a fine vita. Una vera devastazione da lasciare nel completo silenzio degli italiani e degli europei in una sperduta isola del Mediterraneo.

Solo di recente i sardi si sono accorti della gravità della situazione. Soltanto dopo che tante persone hanno iniziato a protestare per la rovina del paesaggio, che da agro-pastorale si sta trasformando in industriale a tutto campo. Anche in quei territori che da una ingannevole impostazione di sviluppo industriale sono ritornati coscientemente a rivalutare le antiche tradizioni e rigettare quella prospettiva di futuro farlocco.

Le domande che oggi in tanti ci poniamo si riferiscono alle competenze delle ultime amministrazioni regionali e alla loro totale cecità davanti a temi così dirompenti. Dovevano essere proprio loro a guidare le trasformazioni del territorio, ma non si sono accorti di nulla o, peggio, hanno fatto finta di nulla mentre la nave affondava.

Oggi la situazione si è completamente ribaltata rispetto ai tempi del PPR. Sono i sindaci, i vari comitati e la gente comune che chiedono a gran voce alla politica di fare qualcosa affinché si ponga fine a questo disastro irreversibile. La nuova Giunta Regionale ha posto questi temi in cima agli obiettivi del proprio programma politico ed ha raccolto il testimone per portare avanti un’istanza venuta dal basso e fortemente sentita in tutta l’isola.

Se la Sardegna riuscirà a bloccare questa devastazione, ed io ne sono fermamente convinto, lo deve soprattutto alla mobilitazione della popolazione che è riuscita a dimostrare una grande maturità democratica prendendo in mano il proprio futuro.

*Comitato Scientifico Insularità in Costituzione

 

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