In risposta al Prof. Saba [di Angelino Olmeo]

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II commento di A. Saba dal titolo Economia e Immigrazione pubblicato il 2 Luglio scorso mi spinge a intervenire. L’articolo parte dal Progetto Matrica sulla chimica verde che prevede l’utilizzo del Cardo Mariano nelle sue varie estrazioni. Fin a oggi, di tutto questo se ne è parlato abbondantemente nei più svariati tavoli di lavoro, sia sulla stampa, sia in convegni tecnico/politici. La copertura finanziaria é stata ottenuta e si va avanti con la parte del progetto industriale.

Non ho titolo per giudicare la bontà di tale progetto, anzi credo che sia il futuro della chimica, resto piuttosto molto perplesso per la parte che coinvolge la componente agricola, che in teoria dovrebbe apportare Ia materia prima per il processo. A ben vedere le mie perplessità sono ben enunciate fra le righe dallo stesso Saba, quando egli dice che “i criteri per la diffusione della coltivazione del cardo saranno elaborati da Matrica, CNR, Regione e Università”. Io aggiungerei partiti politici e sindacati di operai, rilevando comunque che in nessuna occasione pubblica è stata data finora la parola per un parere alla componente agricola.

Saba continua dicendo: “se gli agricoltori avessero la certezza di vendere in modo ragionevolmente remunerativo il loro prodotto all’industria chimica…”. Ecco questo è il punto. Ad oggi questa certezza non c’è. Le sperimentazioni fatte sul campo dimostrano il contrario. E’ visibile da tutti, nei campi limitrofi alla zona industriale di Porto Torres e ad occhi esperti quantificare Ia scarsità delle produzioni, per altro visibilmente sofferenti per attacchi di insetti all’apparato foliario. Lo stesso Saba dà per scontato e sottintende che gli agricoltori sardi siano contrari alla coltivazione del cardo e quindi elabora un “ipotesi di lavoro un po’ utopistica” così la definisce proponendo che davanti alla riluttanza degli agricoltori sardi il progetto di coltivazione del cardo sia realizzato da imprenditori provenienti dalla immigrazione.Intanto devo osservare che non è assolutamente vero che gli agricoltori siano contrari alla produzione del cardo,piuttosto essi vanno convinti con i fatti e con i bilanci economici sulla remunerazione della coltura.

Vede, prof. Saba, se la parte coinvolta nell’Università fosse stata quella che si occupa, per competenze, di coltivazioni erbacee, di patologie vegetali, di entomologie, e soprattutto di economia agraria, il progetto sarebbe gia più credibile agli occhi degli agricoltori sardi invece, al momento i Dipartimenti coinvolti sono farmacologia e chimica per la parte del progetto industriale. L’opinione distorta e non veritiera della contrarietà degli agricoltori sardi a non sposare con entusiasmo la coltivazione del cardo circola ormai senza pudore, persino M. Pirani su Repubblica qualche giorno fa scriveva che in Sardegna esiste il “No -. Cardo”, pura idiozia. A mio parere, la conclusione di tutto quello detto fin ora è questo: l’agricoltore sardo che ha lavorato per secoli il terreno facendosi aiutare dall’asino ne ha somatizzato alcuni caratteri: è si fin da giovane abituato a tirare il basto (duro lavoro), ma alle continue fregature reagisce diffidando e ribellandosi.

Riguardo poi alla suggestiva ipotesi di ripopolare i nove paesi destinati all’estinzione, faccio osservare come primo punto che questi presumibilmente non sono quelli limitrofi alla zona industriale di Porto Torres ma più interni e lontani, collinari se non montani e comunque poco vocati alle coltivazioni erbacee, per di più penalizzati per via della distanza ,dai costi di trasporto delle eventuali bio masse, merce solitamente molto voluminosa ma con poco peso e valore. Seconda osservazione, ho esperienza diretta e collaboro fin dal 1985 con manodopera di immigrazione; alcuni si sono dimostrati molto bravi nel governo delle mucche e delle pecore, altri ottimi trattoristi ma nessuno ha mai manifestato l’idea di mettersi in proprio o in forma societaria e men che mai di autogestirsi.

Ci vorranno almeno due o tre generazioni prima che possano evolversi in imprenditori. Terza osservazione, caro Prof. Saba, Lei scrive “lo stesso gruppo della Matrica e Co, dovrebbero esaminare anche l’aspetto demografico, con uno specifico progetto regionale, acquistare le abitazioni dei paesi in estinzione i terreni con un “Fondo Regionale” a basso prezzo. Mentre credo che ciò possa avvenire per le abitazioni, nessuno si illuda che i prezzi dei terreni seguiranno la stessa sorte. La terra coltivabile è l’unica forma di capitale che non svaluta. Diceva il vecchio e saggio Serafino Ferruzzi “il costruttore dei terreni ne ha dismesso la fabbrica”, le terre agricole sono fisicamente limitate e la popolazione mondiale cresce. Quarta osservazione, ammesso e non concesso che la Regione Sardegna sposasse una nuova Riforma agraria i costi sarebbero enormi già per i soli terreni, 700 milioni di euro per le esigenze di Matrica. A questo bisogna aggiungere le attrezzature, i mezzi meccanici, la professionalità imprenditoriale, da dove?

Per concludere, faccio una proposta si, questa volta concreta, perché confrontata dall’esperienza del passato e del presente. La società Novamont che gestisce il progetto, faccia i contratti di coltivazione con i coltivatori sardi, remuneri al giusto prezzo il terreno, le operazioni colturali (aratura, semina, concimazione ecc. ecc.) sotto la sua direzione coordini tutti i lavori. Provveda la Novamont alle spese di semi, concimi, insetticidi ecc e si assuma i rischi di impresa. Questa formula é abbondantemente collaudata da tempo, l’Eridania la praticava con i bieticoltori, oggi le “società di scopo” che producono le energie rinnovabili con biodigestori anaerobici e che hanno l’obbligo di legge di produrre in proprio almeno il 51% delle colture dedicate (mais, triticale), stipulano con i coltivatori contratti di lavorazione per conto per 15 anni. Con queste ipotesi di lavoro i terreni non mancherebbero, i mezzi neppure, la professionalità sarebbe assicurata.

Rimarrebbero giustamente per la società Novamont il rischio d’impresa .In tal caso se, come sostengono, il progetto é valido si potrebbe già brindare con gli agricoltori

*Agricoltore

4 Comments

  1. giovanni mannoni

    Condivido del tutto le opinioni del collega agronomo Angelino Olmeo.Qualcuno ha creduto ingenuamente che trattandosi di cardo tutto fosse piu’ facile.In proposito ho letto l’idiozia di un possibile sfruttamento di terreni marginali,da cui un reiterato progetto per la rinascita di paesi spopolati.Ha ragione il dr.Olmeo:occorre interessare l’Universita’per la parte che ha la professionalita’e le conoscenze giuste.

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  3. Benedetto Sechi

    Assolutamente condivisibile il ragionamento esposto dal dott. Olmeo. In effetti ricorderei che Matrica ha tentato un accordo quadro con Coldiretti, che si sarebbe dovuta far garante, tra i propri associati dei contratti per la coltivazione del “cardo mariano”. Mi pare che il tutto non abbia sortito grande entusiasmo. Matrica, infatti, si limitava ad assicurare l’acquisto della “materia prima”, tutti i costi ed i rischi per le coltivazioni resterebbero a carico degli agricoltori, che evidentemente, fatti i due conti, non ritengono economicamente valida la proposta. Ci sono ancora, nell’intera operazione “Chimica Verde”, altre incognite di cui poco si parla. A carico di chi la costruzione e la gestione dell’impianto di spremitura per ricavare l’olio dai semi di cardo? E’ davvero conveniente, per la Sardegna e per gli agricoltori produrre cardo? Una domanda alla quale Matrica ha implicitamente già risposto, prevedendo di approvvigionare gli impianti alimentandoli con prodotti oleari d’importazione exstra – comunitaria.

  4. SEBASTIANO MARIO FIORI

    Credo che gli aspetti di carattere agronomico meritino un serio e puntuale approfondimento, tenendo conto di osservazioni, dubbi, critiche e suggerimenti fin quì formulati dagli esperti, così come occorre valutare con molta attenzione la proposta sotto il profilo economico. L’agricoltura sarda attraversa un momento di estrema difficoltà, non sono ammissibili altri errori. La chimica verde rappresenta senz’altro un’opportunità per il territorio, ma sono ancora tanti i punti da chiarire.
    Ritengo l’intervento del collega ampiamente condivisibile.

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